8 Feb 2013

L’amore coniugale

Autore: EliaLavilla | Categoria: Popolazioni Romane, Roma

“L`amore coniugale” estratto da “Dammi mille baci. Veri uomini e vere donne nell`antica Roma” di Eva Cantarella.

Sposarsi per amore? Neanche per sogno. A Roma era impensabile: amore e matrimonio erano due cose diverse, che raramente si incontravano. Come sorprendersene, del resto? Non sono certo lontanti i tempi in cui anche nella parte del mondo in cui viviamo i matrimonie erano combinati dalle famiglie. E in altre parti del mondo lo sono tuttora. Quel che sarebbe sorprendente sarebbe scoprire che a Roma le cose stavano diversamente. Ma così non era.
Naturalmente, non era da escludere che tra due persone, di cui altri avevano deciso il matrimonio, nascesse un rapporto amoroso: ne vedremo alcuni esempi. Ma si trattava di casi fortunati, relativamente rari. Non della regola.
Di regola, i Romani si sposavano per convenienza sociale: perchè a una certa età si usava farlo; perchè, se appartenevano alle classi alte, il matrimonio serviva a stringere alleanze politiche; e soprattutto perchè consideravano il matrimonio un dovere civico. Al quale peraltro, a quanto pare, si piegavano con notevole riluttanza.

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31 Gen 2013

Cenni riguardo l’esercito post-mariano

Autore: EliaLavilla | Categoria: esercito, Popolazioni Romane, Roma

L’esercito romano post mariano

Caio Mario è generalmente ritenuto responsabile della nascita dell’esercito professionale. Eletto console nel 107 a.C., fu inviato a sostituire il comandante della guerra in Numidia, nonostante l’opposizione del Senato. Gli fu negato il diritto di arruolare nuove legioni per rafforzare l’esercito in Africa, ma poté portare con sé dei volontari. Con una mossa senza precedenti, fece appello ai cittadini più poveri. Questi uomini, registrati “per testa” (capite censi) risposero con entusiasmo e si dimostrarono ottimi soldati. Il legame tra la proprietà e il servizio militare fu spezzato per sempre.

Ma il cambiamento potrebbe non essere stato così improvviso. Alcuni studiosi sostengono che Mario si sia limitato a formalizzare una pratica già diffusa. Di certo il requisito minimo per entrare fu abbassato di molto.

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17 Dic 2012

In cucina con i Romani: pane e vino

Autore: EliaLavilla | Categoria: Popolazioni Romane, Roma

Riproporre alla società del XXI secolo, abituata alla globalizzazione dei fast food, pietanze preparate con ingredienti inconsueti e, per lo più, non facilmente reperibili, è sempre una sfida anche se non più di tanto inusitata se si pensa a quanti moderni studi antropologici hanno dimostrato che non si può dire di conoscere veramente una cultura se non se ne conoscono i sapori.

La parola “alimento” racchiude già in sé tutti i motivi che inducono noi moderni a curiosare nella cucina degli antichi: difatti alcune parole latine, simili nel suono e nel senso a questo termine, traggono origine proprio dal medesimo ramo indoeuropeo, *ul, *al*, inteso come carburante dello sviluppo biologico (altus, adulescens, alma[nutrice]).

La cucina greca e quella romana erano molto simili tra loro e la nostra moderna è debitrice ad entrambe. I Greci si occupavano di arte culinaria e lo facevano soprattutto dal punto di vista medico. Il primo manuale gastronomico in lingua greca è quella di Archestrato di Gela, intitolato “Vivere nel piacere”, un poema didascalico che parodiava lo stile epico.

Sfogliando pagine del “De re coquinaria” di Apicio, può capitare di rimanere stupiti dalle somiglianze evidenti con i nostri usi a tavola: per esempio cominciare il pranzo con gli antipasti e finire con la frutta è un’abitudine che sembra aver attraversato i secoli.

PANE

In epoca arcaica il pane era del tutto sconosciuto a Roma e nel Lazio e la sua funzione era svolta egregiamente dalle polente (puls) di farro, orzo, miglio è, successivamente, di frumento. In un secondo tempo, si impastò la piadina azima che, gonfiata dal fermentum, conquistò i Romani con la sua leggerezza “croccante”.

Con il passare del tempo, si cercò di affinare la farina destinata al pane setacciandola con vagli di crine di cavallo più o meno fini che fornivano farina grossa (cibarium) media (sivigo) e finissima (flos).

Quello che veniva chiamato pane era, in origine, soltanto una sorta di galletta dura non lievitata, costosa e velocemente deperibile. Successivamente si scoprì che il pane lievitato era più digeribile, più morbido e più gustoso. Se ne produssero vari tipi: quello scuro, popolare (cibarius); quello integrale, prediletto da Augusto (secundarius); quello quasi bianco, fatto con il grano tenero (siligineus); quello quasi nero, fatto di farina non setacciata (autopyrus); quello cotto allo spiedo, tipico di Alessandria; il cosiddetto “piceno”, cotto in vasi di coccio che si rompevano direttamente a tavola; il parthicus, dalla consistenza spugnosa; il furfureus, fatto quasi tutto con la crusca; l’adipatus, condito con il lardo; il nauticus per i marinai; il militaris e il castrensis per i soldati combattenti; il pane al burro ad uso gallico; l’ostearius per accompagnare le ostriche; il pane rotondo e la diffusissima pagnotta divisa in quattro porzioni per via di due tagli praticati in superficie prima della cottura.

Alcuni tipi di pane erano poi ulteriormente trattati dai pasticcieri che li decoravano con anice, semi di papavero, semi di sesamo e altre essenze fissate sulla crosta con bianco d’uovo. Per i ragazzi venivano preparate piccole focacce a forma di animali, di vari oggetti, di armi.

Si arrivò a produrre un pane che era più un dolce: l’artolaganus, che era confezionato con farina sceltissima e impastata con miele, vino, latte, olio, frutta candita a pezzetti e abbondante pepe.

 

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30 Set 2012

Le botteghe

Autore: EliaLavilla | Categoria: Popolazioni Romane, Roma

Tabernae.

I locali adibiti ad uso commerciale e artigianale erano costituiti in genere da un unico ambiente, provvisto di una larga apertura e talvolta di un piccolo retrobottega con una scala che conduceva a una stanza situata al piano superiore. Le botteghe si distinguevano per il sistema di chiusura: poiché la merce veniva esposta su un bancone, che occupava tutta la larghezza della facciata, lasciando libero solo il passaggio per l’ingresso, il negoziante ogni sera doveva istallare un sistema di chiusura in legno smontabile. Si trattava di una serie di assi verticali accavallate e incastrate in un solco scavato nella soglia. Un battente della porta, ruotando sui cardini, chiudeva il passaggio e due lunghe aste di ferro che passavano negli anelli fissati internamente ed esternamente alle tavole della porta rendevano solidali tutti questi elementi grazie ad una serratura con chiave.

Le botteghe che meglio conosciamo sono quelle di Pompei, Ercolano ed Ostia e sono quelle che possedevano un bancone in muratura nel quale erano incassate fino al collo giare di grandi dimensioni. Queste tabernae spesso sono identificate con le taverne; in realtà, questi grandi contenitori incassati nei banconi oltre che il vino e l’olio potevano anche contenere grano o legumi secchi. L’identificazione di alcune di queste botteghe con tabernae adibite alla vendita di bevande è accertata nei casi in cui il bancone è dotato ad una delle estremità di un piccolo focolare al di sopra del quale si poneva un calderone: quest’ultimo permetteva di offrire bevande calde o zuppe agli avventori.

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5 Set 2012

Il più romano dei romani. Il flamine di Giove

Autore: EliaLavilla | Categoria: Roma

Il più venerabile dei quindici flamini, il flamine di Giove, ha lasciato ampie testimonianze delle regole cultuali, che si esprimono soprattutto attraverso le prescrizioni e le interdizioni permanenti; non che il flamine di Giove sia un uomo diverso dagli altri: è un comune cittadino che non deve affrontare nessuna particolare iniziazione per svolgere la sua funzione che inizia il giorno della sua “investitura” da parte del Pontefice Massimo.

Il modo di vita della coppia flaminale è esteriormente del tutto normale. Sposati secondo il rito più perfetto, quello della confarreatio (Il matrimonio era una condizione fondamentale per entrare in carica) il flamine e la flaminica restavano in funzione finchè durava la loro unione.

“Se egli perde la moglie, si ritira dal flaminato” afferma Aulo Gellio.

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4 Set 2012

Il sacerdote (parte I)

Autore: EliaLavilla | Categoria: Popolazioni Romane, Roma

Sarebbe sbagliato parlare al singolare del sacerdozio romano, o del potere sacerdotale romano. Queste funzioni non possono essere esaminate che sotto la visuale della pluralità, e in rapporto a un contesto sociale preciso. Le situazioni religiose, a Roma erano multiformi, e quindi le competenze sacerdotali numerose. Così, la ricchezza delle figure romane del sacerdozio è lontana dall’esaurirsi nella distinzione tra quelli che sono detti sacerdoti e quelli che non lo sono.

Chi possiamo chiamare sacerdote a Roma?

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1 Ago 2012

Geometrie militari

Autore: EliaLavilla | Categoria: esercito, Popolazioni Romane

La guerra ha tante facce: politiche, economiche, belliche…E all’interno di ogni ambito, si manifesta in tante possibilità che, una volta conosciute, generano una competenza professionale e un’accademia di strateghi, alle quali seguono progetti complessi.

In ciò Roma fu eclatante e da Veio in poi -dove i Romani per primi portarono la guerra all’inverno- la storia racconta un susseguirsi di eventi in cui la battaglia campale risulta l’aspetto bellico più plateale, ma la guerra si vince cambiando il corso dei fiumi, fondando città strategiche, attendendo l’evento climatico favorevole, tagliando le vie di comunicazione, l’accesso ai rifornimenti, sbilanciando l’opinione politica di un alleato, eccetera.

Al generale romano pertanto è chiesta una polivalenza straordinaria che, per essere attuata, necessita di strumenti altrettanto versatili e multiformi.

 

Ad ogni popolo il suo esercito

Mentre truppe dalla forte connotazione etnica come i Celti, i Greci, gli Iberici o i Germani vanno caratterizzandosi per un tipo di armamento e di tecnica uniformata, palese espressione degli usi, dei costumi e dei territori in cui vivono, i Romani perfezionano un impianto bellico eterogeneo ma regolare nei suoi principi funzionali, tale da sfruttare al meglio le stesse milizie etniche alleate attorno al suo cuore pulsante: la fanteria scutaria.

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3 Mag 2012

Trasporto e arrivo a Roma

Autore: EliaLavilla | Categoria: Popolazioni Romane

Trasporto degli animali catturati per la Venatio

 

Il viaggio poteva durare mesi. Inoltre, poiché le battute di caccia si svolgevano in luoghi diversi e con tempi diversi, era possibile che si dovesse attendere l’arrivo delle altre bestie.

Durante i lunghi viaggi, bisognava fare i conti con possibili ritardi e con le malattie. Il trasporto su terra si effettuava su carri trainati da buoi o muli, ma gran parte del percorso era su fiume.

Il soggiorno nelle città in cui passavano i convogli doveva, per legge, essere limitato a pochi giorni.

Si verificavano, nonostante ciò, tremendi abusi. Nel 417 una carovana, formata dal dux del limes dell’Eufrate, rimase addirittura tre o quattro mesi a Hierapolis.

 

Nel mosaico di Cartagine appare una gabbia squadrata con i bordi rinforzati da sbarre inchiodate. Nel mosaico dell’Esquilino, datata agli inizi del IV secolo, appare una gabbia con un pannello aperto sulla destra, in funzione di rampa d’accesso.

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3 Mar 2012

Animali per la Venatio [Cattura]

Autore: EliaLavilla | Categoria: Popolazioni Romane, Province Romane

Dall’inizio del secondo secolo a.C. si diffuse in Italia il gusto per la venatio. Scipione l’Emiliano era un appassionato cacciatore. Seneca la considerava una scuola di coraggio e resistenza. Solo Sallustio considera ancora la caccia alla stregua dell’agricoltura.

Durante i secoli dell’impero, il gusto per la caccia crebbe, coinvolgendo anche le donne. L’apertura della stagione della caccia cadeva il 15 Agosto: cacciatori e cani partecipavano alla festa di Diana Nemorensis. Si cacciava alle prime luci dell’alba con precise norme.

Era proibito cacciare nei campi coltivati e in un determinato raggio attorno alle città. Si poteva cacciare tutto tranne il leone che fino ad Onorio fu riservato all’imperatore.

Molti imperatori si cimentarono nell’arena come venator. Svetonio vanta l’abilità di Domiziano. Plinio quella di Traiano.

La sola città di Roma necessitava di un rifornimento continuo di animali.

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2 Feb 2012

Gladiatori

Autore: EliaLavilla | Categoria: Popolazioni Romane

 Sangue e arena.

Il fascino che il sangue esercita sugli spettatori è innegabile e costituisce la base del successo dai combattimenti gladiatori e delle esecuzioni in arena. Costantino nel 325 d.C. abolisce formalmente la gladiatura, che di fatto continua in Occidente fino al V secolo. Tale decisione è provocata dallo scandalo dello spargimento di sangue in tempo di pace.

I combattimenti gladiatori ebbero in origine carattere funerario.-La critica cristiana si rivolge a tutti i tipi di spettacoli: Tertulliano parla di “circo furente, anfiteatro crudele, teatro lascivo”.

La difesa dei munera gladiatori e delle condanne cruente dell’arena viene elaborata dall’aristocrazia pagana, che ripropone la loro interpretazione religiosa come sostituzione dei sacrifici umani.

Il sangue era ritenuto la sede dell’anima e ad esso si attribuivano virtù particolari. L’ingestione del sangue umano era considerato rimedio nella cura dell’epilessia. Questa malattia, che veniva considerata sacra, secondo la medicina popolare era causata dall’arresto della circolazione sanguigna. Nel romano colto queste pratiche erano orripilanti. Il sangue dei gladiatori feriti uccisi veniva raccolto con apposite spugne. Anche il sangue dei martiri ha valore quasi magico.

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