5 Set 2012

Il più romano dei romani. Il flamine di Giove

Autore: EliaLavilla | Categoria: Roma

Il più venerabile dei quindici flamini, il di Giove, ha lasciato ampie testimonianze delle regole cultuali, che si esprimono soprattutto attraverso le prescrizioni e le interdizioni permanenti; non che il di Giove sia un uomo diverso dagli altri: è un comune cittadino che non deve affrontare nessuna particolare iniziazione per svolgere la sua funzione che inizia il giorno della sua “investitura” da parte del Pontefice Massimo.

Il modo di vita della coppia flaminale è esteriormente del tutto normale. Sposati secondo il rito più perfetto, quello della confarreatio (Il matrimonio era una condizione fondamentale per entrare in carica) il flamine e la flaminica restavano in funzione finchè durava la loro unione.

“Se egli perde la moglie, si ritira dal flaminato” afferma Aulo Gellio.

Proprio per questo le spose romane indossavano il flammeum, il velo rosso-fuoco, come segno di buon augurio.

D’altra parte il flamine di Giove è molto attivo nella vita della città. Non soltanto partecipa, al posto d’onore, ai sacrifici dedicati al suo dio, ma è l’unico fra i sacerdoti che abbia il diritto di sedere in senato.

C’è di più: il flamine di Giove aveva letteralmente le sue radici a : non poteva infatti passare una sola notte fuori città senza commettere empietà, né poteva dormire tre notti consecutive fuori dal suo letto coniugale. Affinchè questo sacerdote fosse sempre accessibile ai suoi concittadini, il suo letto era posto nel vestibolo della casa.

Il più Romano dei Romani, il flamine di Giove, è anche il più umano degli umani: gli era interdetto toccare farina fermentata o carne cruda.

Il flamine è permanentemente “feriato” cioè in contesto sacrale, e quando si sposta nella città, ogni lavoro deve cessare al suo passaggio, affinchè egli viva circondato dal solenne silenzio di un giorno di gran festa. Dalla casa del flamine non si può portar via che del fuoco destinato ad uso sacro; e accanto alla spalliera del suo letto deve trovarsi sempre una scatola con dei dolci per i sacrifici.

Questo contesto sacro si esprimeva attraverso il berretto del flamine, chiamato apex; confezionato con la pelle di una vittima, portava alla sua sommità un ramoscello attorniato da un filo di lana proveniente da una vittima.

 

Era proibito al flamine consumare delle fave, a causa della loro connotazione funesta e più in generale gli era interdetto di vedere o toccare un cadavere, di penetrare nel recinto di una pira funebre o anche di ascoltare musica funebre.

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